venerdì 9 ottobre 2020

Folklore, magia e tradizione: il bottone sardo

Il bottone sardo è un prezioso gioiello appartenente alla tradizione artigianale isolana realizzato in filigrana, solitamente in oro o argento. Spesso, è indossato nei costumi utilizzati per le festività tipiche della Sardegna, oppure, è incorporato in collane, orecchini e anelli, diventando così una gioiello da portare tutti i giorni.

Non tutti sanno che la forma singolare del bottone rimanda ad un significato preciso: essendo sferica e circolare, talvolta bombata, nel cui centro viene applicato un pallino oppure una pietra colorata, essa richiama il seno femminile, in particolare quello della dea punica della fertilità, Tanit. A questo primo design del gioiello, se ne affiancano altri, diffusi in tutta la Sardegna: da quello formato da calotte sferiche schiacciate, oppure da una calotta sferica e una conica o anche da una piastra circolare, quest’ultimo può essere ottenuto mediante una moneta.


La lavorazione del bottone affronta un iter ben preciso: dalla costruzione separata delle calotte che poi verranno unite utilizzando delle decorazioni in lamina, alle lamine stesse che, una volta subito il processo di imbutitura, potranno essere abbellite con la filigrana, con motivi floreali, geometrici oppure potranno rimanere lisce. La fase finale è quella che vede l’incastonatura della pietra nel castone, non c’è una vera e propria scelta obbligata, di solito le pietre si scelgono in base al loro colore.

Come accennato all’inizio, oggi i bottoni sono parti integranti di orecchini, bracciali e collane utilizzabili anche nei look off-duty, ma la loro applicazione per eccellenza è, senza dubbio, quella destinata al costume sardo, sia in quello femminile che maschile: si usa in coppia per chiudere le camicia nel collo, come spilla nel petto, oppure ancora posti da sette a dodici bottoni nella manica, all’ altezza dei polsi, viene a formarsi “sa buttonera“.
Che si tratti di un orpello da utilizzare per arricchire e personalizzare un abito, oppure come ciondolo per creare dei gioielli singolari, il bottone sardo è uno di quegli accessori irrinunciabili che non può mancare in ciascun guardaroba che si rispetti.




Postato da Lady Chic   






lunedì 6 aprile 2020

Morto Sergio Rossi, maestro delle scarpe femminili

Sergio Rossi si è spento giovedì sera, 2 aprile, non senza lottare, all’età di 84 anni. L’imprenditore sammaurese aveva contratto il coronavirus ed era ricoverato da giorni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Bufalini di Cesena.
Ricordiamo la grandezza della sua creatività: La sua storia è quella di un amore incondizionato per la scarpa, iniziato sulle ceneri di un’Italia consumata dalla Seconda guerra mondiale e appreso da un padre artigiano, che ha sempre realizzato scarpe su misura. Calzolaio provetto già a 14 anni, produceva d’inverno, insieme con il fratello Franco, le calzature che avrebbe poi venduto in estate, al banchetto lungo la Riviera, anticipando la filiera del prêt-à-porter. Il suo talento viene ben presto notato e avvia un cammino di successo da giovane stilista a grande imprenditore. Una carriera straordinaria, che ha innalzato San Mauro Pascoli a capitale mondiale della calzatura femminile di lusso. Instancabile nel ricercare un equilibrio tra confort e design, ha saputo trasformare le scarpe femminili in oggetti di culto che cominciò ad esportare prima degli altri.
Era il 1966 quando firmò il primo sandaletto: rosso, quasi un ricamo sul piede reso stabile dalla suola anatomica e rialzata. Un inno alla femminilità e all’eleganza della Dolce Vita, lo definì, segnando quello che sarebbe diventato il suo stile. «Arruolai i migliori artigiani da tutta Italia per imparare i segreti della comodità, di come la suola deve sempre aderire al piede per non creare scompensi dannosi alla salute», raccontò. «Il nonno è il miglior maestro del mondo», commentava ascoltandolo il nipote Nicola, laureato alla Bocconi ma contagiato dalla passione familiare per le calzature. L’ascesa internazionale di Sergio Rossi è segnata dalle collaborazioni con i grandi talenti della moda, la più sentita, forse per entusiasmo e affinità creativa, fu quella con un giovanissimo Gianni Versace.

il sandalo del 1966
Rossi ha fatto l’imprenditore calzaturiero fino al 1999 quando cedette il 70 per cento dell’azienda al gruppo Gucci e nel 2005 anche il rimanente 30%. Nel dicembre 2015 il marchio Sergio Rossi è tornato italiano, acquistato dal fondo Investindustrial di Andrea Bonomi, che lo ha fatto rinascere proprio attingendo ai modelli straordinari del vasto archivio che l’imprenditore qualche mese fa era tornato a visitare, come ricorda l’amministratore delegato dell’azienda Riccardo Sciutto: «Amava le donne ed era in grado di catturare la loro femminilità in un modo unico, creando l’estensione perfetta della gamba attraverso le scarpe» Sergio Rossi ha dato tutto sé stesso al lavoro, ma anche alla sua comunità, ha ricordato con commozione la sindaca di San Mauro Luciana Garbuglia. 
Scarpe moda 2020: décolleté e stivali di Sergio Rossi | Vogue Italia

Sandali Sergio Rossi Donna - Acquista online su YOOX - 11792231RI
(eBay Advertisement) SERGIO ROSSI brown suede Scarpe Donna blunt heel platform peep toe pump size 39

Ai giovani voleva far capire la fortuna che si ha nel poter trasformare la propria arte in un lavoro, creando bellezza con le mani, «meglio che stare davanti a un computer». La famiglia porge, con amore, il suo ultimo saluto: «Con il fuoco inestinguibile della tua passione, ci hai insegnato che non ci sono limiti per chi ama ciò che fa. Addio maestro».

Ricordo postato da LADY CHIC  

venerdì 3 aprile 2020

Anelli di fidanzamento: una storia senza tempo

L’anello di fidanzamento? Da scegliere in base alla forma della mano!



Un simbolo d'amore che attraversa le epoche. Ecco cos'è da sempre l'anello di fidanzamento. Fin da quando siamo venute al mondo abbiamo conosciuto attraverso i racconti degli altri, le rappresentazioni mediatiche e la nostra esperienza tutto il rituale che fluttua attorno all’anello di fidanzamento. Dalla decisione del grande passo da parte del promesso sposo alla scelta del modello con l’aiuto di amiche e parenti della futura sposa, passando per gli stratagemmi per riuscire ad acquistare un anello della dimensione giusta, fino alle romantiche proposte in ginocchio o in mille modi diversi, a seconda della fantasia di chi fa la proposta. Ecco un viaggio nel mondo degli anelli di fidanzamento tra storia, gossip, star e moda.

Antique Engagement Ring - Antique 1920s Art Deco 14k Yellow and White Gold Diamond Engagement Ring
Anello fidanzamento del 1920

L’anello come promessa

Secondo la leggenda la storia del famoso anello ha inizio con gli antichi egizi, che probabilmente regalavano un anello alla donna prescelta per dimostrarle fiducia e la volontà di creare un nucleo familiare. La tradizione però è comprovata storicamente solo in seguito, durante l’epoca degli antichi romani: alla sposa venivano dati due anelli, uno di ferro e uno d’oro, da portare rispettivamente in casa e in pubblico. Sembra che anche la scelta dell’anulare come dito d’elezione possa essere ricondotta a questo periodo storico: è infatti Aulo Gellio con la sua opera Noctes Atticae a diffondere la credenza che l’anulare contenesse la vena amoris, una vena collegata al cuore. Per i Visigoti e i Germani aveva valore di contratto di nozze.



L’introduzione dei diamanti
La tradizione va consolidandosi di pari passo con la storia: già nel Medioevo Papa Niccolò I in una lettera a Boris di Bulgaria raccontava di come le giovani nella chiesa cattolica ricevessero un anello di fidanzamento dal promesso sposo.
È nel 1477 però che i diamanti fanno la prima entrata in scena, quando l’Arciduca Massimiliano d’Asburgo dona alla sposa Maria di Borgogna un anello con diamante. La tradizione si fortifica così diventando una tappa fissa nell’iter del processo matrimoniale: alla fine del 1800 la produzione mondiale di diamanti divenne massificata e anche chi aveva origini più umili poteva permettersi pietre preziose in occasione della proposta.
La tradizione vuole che porti sfortuna comprare nello stesso momento l’anello di fidanzamento e le fedi nuziali. In caso di rottura del fidanzamento, l’etichetta vorrebbe la restituzione reciproca dei doni e delle lettere, ma se è l’uomo a rompere il rapporto, alla donna è concesso di tenere l’anello... anche se per la gran parte dei casi lei non lo farà.
Gli anelli di fidanzamento più classici sono il solitario, la riviera con piccoli brillanti o il “trilogy”, composto da tre diamanti simbolo di "ieri, oggi e domani insieme". Tante sono però le pietre preziose da far incastonare in un anello di fidanzamento, ognuna legata ad un significato differente.


Significato delle pietre preziose
Da sempre è noto che le pietre racchiudono dei messaggi unici e profondi e anche le pietre preziose hanno il loro significato simbolico. Proprio questo simbolismo può guidare il futuro sposo nella scelta della gemma da far incastonare nell'anello di fidanzamento, in modo da trasmettere un particolare messaggio alla sua amata.
  • Diamante: durata, solidità
  • Rubino: amore ardente
  • Zaffiro: fedeltà
  • Smeraldo: speranza
  • Acquamarina: matrimonio duraturo e felice
  • Berillo: forza del legame d’amore
  • Opale: amore sincero.

Pietre e segni zodiacali

Ogni segno zodiacale è associato ad una o più pietre. Quindi, se la fidanzata è attenta all’astrologia, il futuro sposo potrà scegliere l’anello basandosi semplicemente sul segno zodiacale della futura sposa.
  • Ariete: rubino, zaffiro, diamante
  • Toro: smeraldo, quarzo rosa
  • Gemelli: smeraldo, turchese
  • Cancro: perla, tormalina, pietra di luna
  • Leone: diamante, avventurina verde
  • Vergine: zaffiro, diamante, diaspro
  • Bilancia: smeraldo, opale
  • Scorpione: rubino, quarzo fumé
  • Sagittario: lapislazzuli
  • Capricorno: granata, onice, malachite
  • Acquario: diamante, ametista
  • Pesci: acquamarina, ametista
 RUBY AND DIAMOND RING (ANELLO CON RUBINO E DIAMANTI) | Jewels Online2020 | Sotheby's

Postato da Lady Chic @QueenPizzaa

domenica 22 marzo 2020

Quando l’arte incontra la moda articolo di Benedetta Cerri

L’arte e la moda, due mondi che all’apparenza potrebbero sembrare opposti, ma che forse, hanno più di un aspetto in comune. Non a caso, siamo costantemente immersi in un mondo dove gli stilisti si lasciano ispirare dall’arte e al contempo le gallerie aumentano le loro esposizioni dedicate ai grandi nomi della moda. Non solo.
La pittura ha ripercorso e si è evoluta in parallelo con la società e il mondo dell’innovazione. Se ci riflettiamo, la moda non è poi così lontana da tutto ciò.
Pensiamo solo alle ragioni che muovono le grandi case di moda nell’ideazione delle loro collezioni: tutte, in un modo o nell’altro, nascono per aiutare le persone a esprimere se stessi. E’ vero anche, che la moda è per sua natura temporanea e come l’arte, cambia e si adegua al volere sociale. Lo stesso cambiamento radicale, che subì l’abbigliamento femminile quando Coco Chanel e Yves Saint Laurent disegnarono negli anni 50 e 60 i primi pantaloni come simbolo dell’emancipazione delle donne, ne è un chiaro esempio.
Alla fine, anche se nella divisione delle Arti Tradizionali la moda non c’è, gli stilisti sono artisti e quando due artisti si incontrano, danno vita a qualcosa di incredibile…

5 stilisti che si sono ispirati al mondo dell’arte

Schiapparelli e Dalì

Elsa Schiapparelli è una stilista italiana che ha influenzato molto la moda femminile del XX secolo. Ebbe l’opportunità di lavorare con il grande artista Salvador Dalì alla creazione del "vestito aragosta", che rappresenta una delle più recenti collaborazioni avvenute tra uno stilista e un’artista. The famous 'lobster' dress by Elsa Schiaparelli and Salvador Dalí, 1937. The Costume Institute of the Metropolitan Museum of Art, New York.

Yves Saint Laurent e Mondrian

La collezione di Mondrian e Yves Saint Lauren non è stata una vera e propria collaborazione dal momento che lo stilista fu ispirato dal pittore e decise di rendere omaggio all’artista con la collezione Piet Mondrian. YSL, ispirandosi alla composizione a caramelle con le quattro linee gialle (1933) disegnò sei vestiti, contraddistinti da linee nere e blocchi colorati. 
Art & Fashion: Dress from YSL
Questi vestiti diventarono un’ icona dell’alta moda: qualcosa di facile da indossare e senza dubbio originale!

Yves Saint Laurent and Van Gogh

Yves Saint Laurent, non mancò ancora una volta di mostrare la sua passione da collezionista d’arte e nel 1988 presento un’intera linea ispirandosi a due famosi capolavori dell’artista Vincent Van Gogh, "gli Iris" w "i Girasoli". 
YSL fu anche il primo ad introdurre i tessuti “animalier” nelle collezioni e a far sfilare modelle di colore.

Jeff Koons e Louis Vuitton

Considerato erede di Andy Warhol e continuatore della Pop Art, l’artista americano Jeff Koons, famoso per affrontare temi legati al consumismo e al gusto kitsch del popolo americano, fu scelto dalla casa di moda francese Louis Vuitton per una collezione di borse ed accessori.  Così in un attimo, alcune sue copie originali delle opere di Leonardo Da Vinci, Rubens, Tiziano, Fragonard e Vang Gogh sono state riprodotte sulle borse simbolo della maison.
Louis Vuitton Masters Collection By Jeff Koons

Salvatore Ferragamo e la moda sostenibile

“Sustainable thinking”, si chiama così la mostra sulla moda sostenibile ideata da Stefania Ricci, direttrice del Museo e della Fondazione Ferragamo. Un percorso narrativo che alterna composizioni artistiche e installazioni, a scarpe e abiti, con un forte richiamo a materiali di riciclo e tessuti naturali.

Christian Dior 2008 1
Ma citiamo anche la collezione del 2008 di John Galliano, per Dior, che si è ispirato al periodo aureo e liberty della pittura di Gustav Klimt, dove ,oltretutto, è evidente il richiamo all’opera “La Medicina”- anche per quanto riguarda le acconciature -.
Secondo alcuni studiosi d’arte contemporanea un qualsiasi capo di abbigliamento documentato in un dipinto, aiuterebbe a dargli una collocazione temporale. Così come gli storici della moda sostengono che un abito disegnato su una tela dia movimento all’abito stessoSembra proprio che queste due forme d’arte si inseguano a vicenda, in un gioco di colori e simboli senza fine. Se allora è vero che la moda per secoli ha preso ispirazione dai movimenti artistici, allo stesso modo gli artisti si sono serviti dell’abbigliamento come strumento per dare realismo alle loro opere.

domenica 23 dicembre 2018

Elogio della donna di classe






Pink & black vintage woman in hat, gloves, wrap smoking cigarette. 

Che cos’è una donna di classe?
È una Signora con la “s” maiuscola; una donna che, qualunque cosa faccia (o non faccia) e dica (o non dica), rimane sempre al di sopra di se stessa.

Non si dà mai interamente: nel senso che non si svende, non si regala alle mode più facili, ma conserva sempre una parte di mistero, ossia di fascino.
Sì, perché il mistero è affascinante: è il non detto, il suggerito, l’implicito; è il riserbo, la discrezione, il pudore; è l’intimità che non si mette mai in piazza, che rimane fedele a un proprio codice di onore e di riservatezza.
È la femminilità che mantiene il rispetto di sé, che si veste di sobrietà e di senso della misura, perché consapevole che lo strafare non è mai veramente femminile e che l’esibire, l’ostentare, il gridare e il dimenarsi, si addicono alle donne da poco.
Una donna di classe è una persona di valore; una persona che sa di valere, ma senza superbia e senza altezzosità: anzi, che sa essere aristocratica anche nel poco, anche nel vestito modesto ma di buon gusto, così come nel trucco leggero, ma di sicura efficacia o nel profumo appena accennato, ma di ottima scelta.
Donne di classe si nasce e non si diventa; e lo si è a qualunque classe sociale si appartenga. Una donna del popolo, a determinate condizioni, può avere più classe di una gran dama o di una ricca borghese.
Non è questione di soldi e nemmeno di linguaggio. O si è signori nell’anima, o non lo si è; e questo vale per le donne, così come per gli uomini.
Un tempo le donne di classe si incontravano per via: erano la signora della porta accanto, la madre di famiglia, la commessa, l’impiegata.
Poi hanno cominciato a scomparire: messe in ombra da un esercito di ragazzine, di ragazzotte, di donne di mezza età e anche di donne più che mature, le quali, scimmiottando lo stile più volgare di mamma TV e facendosi avanti a gomitate, assumendo pose da bambola sexy e sfoderando un linguaggio da trivio, hanno fatto di tutto per attirare l’attenzione su di sé: sulla loro banalità, sulla loro vuotezza, sulla loro immensa, totale mancanza di buon gusto.
Sono scomparse anche dal mondo dello spettacolo, dal cinema, dalla televisione, dalla musica leggera, dallo sport e dalla stessa pubblicità.
Sono passati i tempi in cui una grande attrice come Virna Lisi, con garbo inimitabile, si prestava al piccolo schermo per la réclame di un dentifricio («con quella bocca può dire ciò che vuole»); o in cui Elsa Martinelli, diva controvoglia, faceva impazzire Hollywood, ma senza mai assumere, della diva, i capricci e la superbia.
È triste e desolante lo spettacolo delle donne di spettacolo che, al posto di queste autentiche signore, imperversano oggi: grossolane, sguaiate, disposte a fare qualunque cosa, ad abbassarsi a qualunque sconcezza, pur di ottenere un servizio fotografico su qualche rivista-spazzatura di gossip o una comparsata nei più mediocri programmi televisivi.
Le più giovani sognano di “sfondare” grazie ad «Amici» di Maria De Filippi o magari al «Grande Fratello», convinte di possedere chissà quali eccelse doti naturali e che molto esibizionismo e un po’ di faccia tosta possano compensare la mancanza di talento, di intelligenza, di gusto.
Sono le stesse che, nella vita di ogni giorno, se ne vanno in strada, a scuola e perfino in chiesa (quelle che ci vanno) con il perizoma a vista, la scollatura vertiginosa e i jeans talmente stretti da scoppiarci dentro; che si lasciano dietro una scia di profumo così forte, da costringere gli altri ad arieggiare le stanze dove sono passate; che si muovono con andatura grottesca su tacchi vertiginosi, atteggiandosi invano a donne fatali, mentre solo soltanto patetiche.
La donna di classe non teme le rughe e accetta di invecchiare senza ricorrere alla chirurgia estetica, che trasforma il viso in una maschera felina.
Sa di valere, anche se la modestia fa parte del suo abito mentale; perciò non tenta disperatamente di inseguire i perduti vent’anni, ma asseconda con grazia e intelligenza le diverse stagioni della vita, conscia del fatto che il fascino è qualcosa di molto più sottile e di molto più prezioso della bellezza che proviene dalla sola giovinezza.
Non si può essere giovani per sempre e non si deve cadere nel ridicolo di atteggiarsi a ventenni, quando si hanno sessant’anni; ma si può essere sempre raffinate, affascinanti, intriganti, purché si abbia classe.
Quando si ha classe, l’età diventa un elemento secondario o, addirittura, un ulteriore fattore di fascino; perfino le rughe, portate con dignità e naturalezza, possono accrescere il fascino, non diminuirlo; così come le belle persone restano tali anche indossando un vestito vecchiotto, purché pulito e di buon gusto; mentre nessun vestito nuovo, per quanto costoso e all’ultima moda, riuscirà mai a trasformare in meglio delle brutte persone.
La vera bellezza viene da dentro, non da fuori; e una donna di classe di settant’anni vale dieci volte più di tutte queste insulse ventenni che si agitano, smaniano e si contorcono per attirare, seminude, l’attenzione dei maschi che valgono quanto loro: vale a dire pressoché zero.
La donna di classe sa che uno spacco vale più di cento minigonne e sa che uno sguardo può lasciare il segno più di cento perle sull’ombelico, esibito coi pantaloni a vita bassa; sa che alludere è più raffinato che strillare, come sa che sussurrare è molto più sensuale che dire.
La donna di classe è affascinante anche quando non è più bella; o meglio, anche quando la sua bellezza, per motivi di età o altro, non rientra nei canoni stereotipati delle solite bellocce a un tanto il chilo che, oggi fanno molto parlare di sé ma che, domani, saranno già rientrate in quel nulla da cui sono uscite all’improvviso.
La donna di classe si muove con garbo, parla di cose interessanti, e nello sguardo le brilla una luce particolare: perché ama la vita, ma la ama con sensibilità e intelligenza, non con avidità e prepotenza.
Non è schiava delle mode, che vengono e vanno, perché possiede un’eleganza naturale, istintiva: si fa guardare anche se non veste firmato; ma gli sguardi che attira sono più di ammirazione che di volgare desiderio, perché suscita rispetto, non brame disordinate.
Certo, non tutti la sanno vedere e non tutti la sanno apprezzare: perché le persone di classe non si esibiscono e, quindi, passano inosservate a quanti hanno un animo volgare; ma proprio qui sta la loro forza; richiamano l’interesse di quelle che assomigliano loro, di quelle che sono loro parenti spirituali.
Sono la stupidità e la volgarità degli uomini che hanno decretato il successo delle donne narcisiste e grossolane; in compenso, queste ultime hanno gli ammiratori che si meritano: cervelli vuoti e, molto spesso, animi poco virili.
L’autentica virilità, infatti, riconosce d’istinto la vera femminilità e ne è subito attratta; e la vera femminilità non è quella delle bellone chiassose e volgari, ma quella delle autentiche signore, tanto raffinate quanto discrete.
Forse il più bell’elogio della donna di classe è stato scritto migliaia di anni fa e si trova nel libro in cui, forse, meno ci sarebbe venuto in mente di andarlo a cercare: nella «Bibbia», e precisamente nel «Cantico dei cantici» (2, 10-14; 4, 1-7):



«Andiamo,
amica mia,
mia bella,
vieni.
È finito l’inverno,
sono terminate le piogge.
Già spuntano i fiori nei campi,
la stagione del canto ritorna.
Si sente cantare la tortora.
I fichi già danno i primi frutti,
le viti sono in fiore
e mandano il loro profumo.
Andiamo,
amica mia, mia bella,
vieni.
Colomba mia,
nascosta nelle fessure delle rocce,
in nascondigli segreti,
fammi vedere il tuo viso,
fammi ascoltare la tua voce;
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è grazioso. 
[…]
Quanto sei bella, amica mia,
quanto sei bella!
I tuoi occhi, dietro il velo,
sono come colombe.
I tuoi capelli ondeggiano
Come un gregge
che scende dalle pendici del Galaad.
I tuoi denti mi fanno pensare
A un gregge di pecore da tosare,
appena lavate.
Tutte in fila, una accanto all’altra,
e non ne manca nessuna.
Un nastro di porpora
sono le tue labbra!
Com’è bella la tua bocca!
Dietro il velo,
le tue guance sono rosse
come uno spicchio di melagrana.
Il tuo collo
è come una fortezza,
fa pensare alla Torre di Davide;
mille scudi vi sono appesi,
sono gli scudi degli eroi!
I tuoi seni
sembrano cerbiatti
o gemelli di una gazzella
che pascolano tra i gigli.
Prima che soffi la brezza della sera
o le ombre si allunghino,
verrò di certo
alla tua montagna profumata di mirra
e alla tua collina d’incenso.
Sei bellissima,
amica mia,
sei perfetta.»



Sono passati almeno duemilatrecento anni, ma c’è ben poco da aggiungere.
Ci sembra di vederla, questa straordinaria donna di classe, che scende dai monti del Libano, snella e leggera, nella luce sfolgorante del mattino.
Fortunati gli occhi che la sanno vedere, che la sanno riconoscere

articolo di Francesco Lamendola postato da Lady Chic

giovedì 1 marzo 2018

Milano sempre si distingue...

 Trent’anni di moda italiana, dal 1971 al 2001. Una corsa tra abiti, accessori, gioielli e arredi, ma anche video, foto e sculture. Il racconto è fitto di argomenti vasti e all’apparenza inafferrabili ma ben intrecciati, come identità e democrazia, il tema del logo e i più recenti concetti di post produzione e di glocal. La mostra a Palazzo Reale, Italiana – L’Italia vista dalla moda, guarda al 1971 come data d’inizio del prêt-à-porter italiano, quando Walter Albini (1941-1983) portò a sfilare la prima collezione a sua firma, proprio a Milano

 Moda Milano, in mostra trent'anni di stile made in Italy

Moda Milano, in mostra trent'anni di stile made in Italy

Moda Milano, in mostra trent'anni di stile made in Italy

postato da Lady Chic

giovedì 15 dicembre 2016

Manequin Tree, un albero di Natale fashion

 
Si chiama "manequin tree" e sta spopolando tra le tendenze modaiole riguardo gli alberi di Natale
 

 
Era il 2013 quando, in occasione della XX edizione di 100 alberi d'autore di Natale - iniziativa a scopo benefico allora destinata ai piccoli profughi di Lampedusa - l'Accademia di Costume e Moda presentò un albero di Natale a forma di manichino. Forse era tra i primi esemplari di questa insolita "variazione sul tema", venne accolta con silenzioso clamore per poi riaffacciarsi l'anno successivo, in alcune vetrine di negozi, boutique fashion e hall di grandi alberghi.
 
 
Anche la first lady Michelle Obama ne fu affascinata e ne ospitò un paio alla Casa Bianca. Quest'anno il "manequin tree" o "dress tree" ha letteralmente spopolato, scrivendo una pagina a sé sulle tendenze riguardo l'albero di Natale.
 
 
Perché un albero-manichino?
Se non si desidera optare per il tradizionale albero bianco e rosso, non si hanno idee originali per realizzarlo o se, semplicemente, si vuole stupire parenti, amici e ospiti di ogni ordine e grado, il manequin tree è quello che fa per voi: basta organizzarsi con l'occorrente giusto e iniziare a lavorarci su con calma e attenzione.
Un manichino si trova abbastanza facilmente anche online da acquistare o semplicemente noleggiare (esistono e-store specializzati), rete metallica e pinze sono tranquillamente reperibili nei negozi di hobbistica mentre per le decorazioni vale il criterio del "tema" (colore o concept) da stabilire prima di intraprendere l'avventura!
 
 
 
Da cosa iniziare?
Sicuramente da... un manichino! Iniziare quella che può diventare una piccola opera d'arte, avvolgendo il busto con una rete metallica a trama media quindi continuare definendo una gonna lunga dandole la forma di tronco di cono.
Lasciare poi libera la fantasia per "vestire" il manichino: si può optare tra rami di abete sintetici o naturali su cui apporre addobbi tradizionali o fai da te e personalizzati ad esempio, a seconda della location dove verrà ospitato questo originalissimo albero. Al posto di un total look si può lavorare anche solo sulla parte inferiore (quindi la lunga gonna) e vestire il top con un bustier di seta anche in pendant con gli addobbi che verranno apposti.
 
 
E ora... ecco direttamente dalla rete dei social una sfilata di manequin tree: quale vi piace di più?

Postato da Lady Chic