domenica 20 luglio 2014

Mostra a Como: EMILIO PUCCI- UNA MODA RIVOLUZIONARIA

Un appuntamento da non perdere, visitabile sino 31 ottobre, la mostra a Como che celebra Emilio Pucci, lo stilista scomparso nel 1992.Como non a caso, perché qui Pucci ha sempre scelto le sue inconfondibili sete.
Al MuST, Fondazione Antonio Ratti, Via per Cernobbio 9, Como - orari: lunedì – venerdì 10 – 13 e 14.30 – 17.30 / sabato – domenica 11 – 18. Ingresso: libero
La mostra, a cura di Margherita Rosina e Francina Chiara, con il patrocinio del Comune di Como, analizza e approfondisce i rapporti di Pucci con la città di Como e le sue industrie tessili, una collaborazione iniziata negli anni ‘50 e mai interrotta nei decenni successivi.
Attraverso un percorso espositivo diviso in sezioni, la rassegna documenta gli esordi e l’affermazione delle creazioni di Pucci, a partire dai primi disegni ispirati dai paesaggi Italiani e dal folklore locale: il mare di Capri, le famose località sciistiche delle Alpi, il Palio di Siena, le tradizioni siciliane e le bellezze di Firenze.
Come spiega Emilio Pucci in un’intervista alla rivista Oggi del 1960: “La mia passione per il colore mi spinse a tentare nuove vie [...]. Convinto che l’Italia offre una ricchezza inesauribile di motivi e di idee, ho cercato da allora di trasportare su stoffa gli elementi più significativi.”

L’esposizione intende valorizzare i risultati degli studi svolti sui libri campionario della Ravasi di Como, che fu la prima industria tessile del distretto comasco a collaborare con Pucci dagli inizi degli anni Cinquanta fino alla metà dei Sessanta. Le pagine dei volumi, che fanno parte delle collezioni del MuST, mettono in luce il contributo dato alle creazioni di Pucci da disegnatori, lucidisti, stampatori e tintori lariani, questi ultimi capaci di mettere a punto nuove tonalità di colore quali il “rosa Emilio” o il “blu Capri”. Completa il percorso una selezione di materiali, realizzati sul territorio comasco che risalgono agli anni Settanta e Ottanta, ulteriore testimonianza della collaborazione duratura tra Pucci ed il distretto tessile lariano.
In mostra sono presenti campioni tessili, disegni originali di Pucci, carte – prova, accessori e capi di abbigliamento, a documentare il processo di lavorazione: dall’idea originale agli abiti e ai foulard resi celebri dagli scatti di fotografi, anch’essi in esposizione, che hanno segnato la storia della fotografia di moda. In particolare POLIteca (Design Knowledge Centre) – Dipartimento Design e Archivi Storici – ASBA – Politecnico di Milano ha messo a disposizione le immagini, conservate nel Fondo Haertter, di proprietà dell’Associazione Biblioteca Tremelloni , in cui sono custoditi gli scatti della famosa fotografa.
Dall’archivio della Fondazione Emilio Pucci di Firenze provengono inoltre numerose immagini di abiti e foulard che permettono di comprendere meglio l’utilizzo dei tessuti esposti.
All’ingresso della mostra quattro opere di Flavio Favelli, realizzate nel 2009, costituiscono una piccola incursione nell’ambito dell’arte contemporanea. Questi lavori, che fanno parte delle serie Planisfero e Bar Singapore Palermo, partono da alcuni foulard di Emilio Pucci su cui l’artista è intervenuto disegnando con pennarelli colorati.
Scelti da Favelli per il loro stile “fuori dal tempo”, le sete di Pucci si trasformano e assumono nuovi significati, costituendo un ponte diretto con la contemporaneità.
I materiali in mostra, oltre che dalle raccolte del MuST, provengono dalle collezioni del Museo didattico della Seta di Como, Enrico Quinto e Paolo Tinarelli di Roma,A.N.G.E.L.O. Vintage Archive di Lugo, Masciadri di Bellagio e da altre collezioni private.
Partendo dal tessuto – e dal tessuto comasco in particolare – il volume racconta la “vicenda Pucci” parallelamente alla nascita della moda Boutique, che ha contribuito alla fortuna del Made in Italy.



Nato nel 1914 in una delle più antiche famiglie fiorentine, Emilio Pucci, il Marchese di Barsento, divenne un fenomeno della moda negli anni ’50, grazie alla sua visione avveniristica, che ancora oggi si riflette nelle creazioni della maison. Pur prediligendo uno stile di vita agiato e aristocratico, il marchese si fece incoronare “The Prince of Prints” dai giornalisti di moda a livello internazionale, conquistati dai suoi disegni audaci e innovativi, oltre che dal suo approccio radicale nei confronti della moda del tempo. Oltre ad aver influenzato notevolmente la moda contemporanea, l’eredità di Pucci rappresenta ancora oggi uno dei momenti fondamentali dell’origine dello stile “made in Italy”, una pietra miliare del concetto di abbigliamento sportivo in Italia.
GLI INIZI
Appassionato sciatore e atleta, sempre in viaggio tra il regale palazzo di famiglia a Firenze, le montagne svizzere e l’affascinante isola vacanziera di Capri, Emilio Pucci rappresentava l’incarnazione ideale del glamour del jet-set nel dopoguerra, cosa che gli fruttò immediatamente il successo tra un gruppo di dinamiche e moderne signore. La sua carriera iniziò in maniera inaspettata nel 1947 quando creò un completo da sci assolutamente rivoluzionario, con il suo
pantalone affusolato e il parka con cappuccio, fotografato da Harper’s Bazaar sulle esclusive piste
da sci della Svizzera. Decise quindi di aprire una boutique a Capri dedicata ad un abbigliamento per le vacanze che univa semplicità e bellezza (coloratissimi e aderentissimi pantaloni “Capri”, camicie in twill di seta e top in jersey a righe), in perfetta armonia con il fascino naturale dell’isola, con i suoi colori luminosi e sgargianti. Il nuovo concetto di prêt-à-porter firmato riscosse un enorme successo fra la sofisticata clientela dell’isola, entusiasta di avere finalmente accesso a una moda chic e portabile allo stesso tempo. Successivamente i suoi modelli furono premiati sulla scena internazionale dalle icone femminili del tempo, tra le quali Marilyn Monroe, Sophia Loren, Jackie Kennedy, Gloria Guinness, e più recentemente, da Madonna e Nicole Kidman.

UNO STILE RIVOLUZIONARIO
Prima dei modelli Pucci le donne erano costrette in un abbigliamento rigido e strutturato, fatto di spesse imbottiture, corsetti e sottovesti che costringevano il corpo, snaturalizzandolo. In assoluto contrasto con gli stilisti della sua epoca, Pucci lavorava spinto dal desiderio di liberare le donne, concedendo loro una leggerezza nei movimenti senza precedenti. Abiti, pantaloni e top dai modelli essenziali e dalle linee fluide e sexy seguivano le curve naturali del corpo. Pur mantenendo un’allure di alto livello, i modelli Pucci si erano svincolati dalla scarsa praticità del peso, del volume, degli strati, e cosa più importante, dai costi elevati delle creazioni di alta moda. Pucci inoltre offriva alla clientela uno stile a 360° (abiti, biancheria intima e per la casa, borse, profumi, tappeti), proponendo per la prima volta a un crescente gruppo di consumatori un accesso privilegiato alle creazioni firmate. 

TESSUTI IMPAREGGIABILI
Grazie a una stretta collaborazione con industrie italiane tessili specializzate, Pucci rivoluzionò il settore dell’abbigliamento, sperimentando per la prima volta la potenzialità e la libertà di movimento dei tessuti stretch. Sconfessando i modelli pesanti e rigidi che ancora predominavano negli anni ‘50, sviluppò e brevettò diversi tessuti originali, come il jersey di seta stretch e il jersey di cotone. Entrambi i tessuti, risultato di una ricerca tecnica approfondita, permisero a Pucci di creare modelli sfoderati, leggeri e a prova di grinze, precursori del guardaroba da viaggio contemporaneo.














LA CONQUISTA DELL’AMERICA
Uscito dal suo maestoso palazzo, lo stilista cominciò a mostrare le sue collezioni alla stampa e ai compratori internazionali nel 1951 a Firenze. Il successo negli Stati Uniti fu immediato, in particolare presso i retailer Saks Fifth Avenue e Neiman Marcus, conquistati dai colori esplosivi e dalla portabilità e semplicità dei modelli. Uno stile per una donna naturalmente elegante a tutte le ore del giorno e in tutte le occasioni, dal viaggio al cocktail sulla spiaggia: un look in grado di catturare alla perfezione la nuova sensibilità tutta americana per l’abbigliamento sportivo, oltre che il perfetto complemento glamour per gli esclusivi circoli del jet-set. Per tutti gli anni ’60 e ‘70 il marchio rimase all’apice della popolarità tra le donne americane più ricche ed eleganti.
PROGETTI SPECIALI
Pucci utilizzò il suo talento per diversi progetti non legati alla moda. Uniformi futuristiche per le hostess della Braniff International Airlines (caschi bombati, stivaletti, bikini, ombrelli), il logo per la missione dell’Apollo 15, porcellane per Rosenthal, asciugamani per Spring Mills, la stampa Piume per la Qantas Airlines, gli interni della Lincoln Continental Mark IV, oltre ai più recenti progetti Cappelllini e Wally.
OGGI
Le stampe di Pucci tornano alla ribalta nei primi anni ‘90. Riacceso nuovamente l’interesse a livello internazionale per il marchio, la figlia di Emilio, Laudomia Pucci, prende in mano l’azienda del padre. Nell’aprile del 2000 la famiglia Pucci raggiunge un accordo con LVMH, marchio francese leader nel mercato del lusso, che acquisisce il 67% dell’azienda. Nell’ottobre 2008 lo stilista di origine norvegese Peter Dundas viene nominato Direttore Creativo. La sede principale dell’azienda rimane Firenze. In pochi anni è stata creata una rete mondiale di negozi (sono più di 50 in tutto il mondo) e il marchio è ritornato ad essere protagonista della moda internazionale. 

Articolo tratto da:http://www.altagamma.it/ 

Emilio Pucci


e curato da Lady Chic 


domenica 6 luglio 2014

Diamante, rubino, zaffiro e smeraldo: stelle luminose di Madre Terra


Se parliamo di gemme più comunemente ci riferiamo alle pietre preziose utilizzate nel campo della gioielleria. Ne esistono una grande varietà più o meno pregiate classificate secondo un antico metodo che risale all’antica Grecia. Questo metodo suddivide le pietre in preziose e semi-preziose: fanno parte della prima schiera diamanterubinozaffiro e smeraldo, mentre tra le seconde rientrano tutte quelle di tipo fine o dura e come indica il nome quest’ultime si distinguono per la loro resistenza. 
Fin dall’antichità le pietre preziose hanno rappresentano molto di più del loro aspetto esteriore per il loro significato fortemente simbolico. In tutte le culture il nome e il significato delle gemme hanno un senso che va al di là del puro valore estetico. Si tratta di pietre spesso rare e pregiate, non certo alla portata di tutti e che anzi erano simbolo di potere e di forza. Reali e principi di ogni cultura li ha sfoggiati per secoli e anche oggi il dono di un gioiello è qualcosa che va oltre il puro gesto. Donare un anello al proprio amore per esempio è un modo per esprimere i propri sentimenti: vediamo quali sono i significati delle pietre preziose. 


Il significato del diamante si può far risalire all'origine stessa del nome, dal greco “adamai” non domabile, quindi forza indomabile. Per le sue caratteristiche è la pietra più ambita e desiderata: trasparente, luminoso, durissimo, puro e immutabile è considerato fin dall’antichità la pietra talismano per eccellenza, appannaggio dei principi e dei potenti.
Leggende di varie parti del mondo legano la nascita stessa del diamante agli dei, che siano le lacrime delle divinità piovute dal cielo o il segno dell’intervento divino, in grado secondo le leggende di trascinare Lucifero negli inferi.
Per la sua forza e incorrutibilità il diamante è la pietra della solidità e della perfezione, dai grandi poteri anche terapeutici. Secondo la medicina Ayurvedica conterrebbe i cinque elementi in perfetto equilibrio, mentre per la cristalloterapia sarebbe un aiuto per i disturbi sensoriali, del sistema nervoso e per le paure e la depressione.
Secondo alcune leggende dell’Europa occidentale sarebbe in grado di tenere a bada tutte le presenze oscure della notte, dagli animali agli spiriti, mentre tradizioni di diversi popoli lo indicano come un potente talismano contro i veleni, utile per la disintossicazione. Non solo.
Alcune credenze parlano di un potere di assorbimento e amplificazione dei pensieri in chi lo possedeva, grazie al richiamo della forza e della potenza nei confronti di altre pietre preziose.
Anche oggi il significato del diamante è legato alla forza e alla durezza, oltre alla perfezione e alla bellezza: donare un diamante è simbolo di un legame eterno, infrangibile e splendido, come la pietra.

Anche il significato del rubino si lega all’origine del nome, dal latino “rubeus”, rosso, anche se gli antichi lo chiamavano “carbonchio” per la sua somiglianza nel colore ai tizzoni di carbone ardente. Per la tonalità calda e ardente viene identificata come la pietra del Sole, che dona forza, energia e vitalità: un vero amuleto visto che il rubino fin dall’antichità viene assimilato al successo nel campo commerciale e degli affari.
Il colore rosso del rubino è anche visto come segno dell’amore ardente, della passione senza fine: secondo gli Indù ad esempio, il rosso della pietra dipenderebbe dal fuoco continuo che brucia all’interno della gemma.
È anche considerato emblema di felicità, in grado di riconciliare dalle liti e di proteggere dai pericoli dell’acqua. Secondo le medicine antiche sarebbe anche efficace per la circolazione e per questo un ottimo rimedio contro le emorragie e nei processi infiammatori.
Le leggende indicano il rubino come talismano in grado di proteggere non solo il suo possessore ma anche i suoi beni come la casa o i campi.
L’antico significato del rubino come pietra della passione è rimasto fino ai giorni nostri: regalare un rubino è simbolo di un amore ardente, passionale, che brucia in eterno.
Lo zaffiro: Anche il significato di questa pietra deve molto alle origini del nome, dal greco “sappheiros”, azzurro, parola che a sua volta dovrebbe derivare dal sanscrito “sani”, anche se si parla di una derivazione dall’ebraico “sappir” cioè “la cosa più bella”.
Il colore azzurro è stato per lungo tempo associato alla pace e alla felicità ed è legato al mondo dell’introspezione, dell’intuizione e dello spirituale. In questo senso si legge anche il significato che la religione cattolica ha dato fin dalle origini allo zaffiro in quanto legato al colore del mantello della Madonna. Stessa importanza religiosa anche per il buddismo che lo indica come la pietra della preghiera e dell’elevazione dello spirito.
Per questo valore si ritiene che lo zaffiro sia un talismano in grado di respingere le disgrazie tanto che Carlo Magno lo scelse per il suo ciondolo d’oro contenente un pezzo della vera Croce di Cristo: oggi il prezioso gioiello è conservato nella cattedrale di Reims, in Francia. Per il suo significato di purezza e fedeltà, è adatto a una persona fedele ed è per questo che viene scelto spesso come anello di fidanzamento.
Lo smeraldo deve il significato del suo nome dal termine greco “smaragdos”, pietra verde. Anche il questo caso è il colore che lega la pietra al suo significato. Fin dai tempi più remoti, a iniziare dall’Antico Egitto, era ritenuta la pietra della saggezza e della conoscenza segreta, in grado di rivelare il futuro e di proteggere da incantesimi e sortilegi.
Anche per questo si credeva che fosse in grado di migliorare la vista: si narra che Nerone guardasse i giochi all’interno del Colosseo tramite una lente verde di smeraldo e secondo Plinio, era sufficiente fissare uno smeraldo perché gli occhi affaticati fossero freschi e riposati.
Gli smeraldi erano molto apprezzati anche dagli Egizi per cui il colore verde era simbolo della rinascita, della primavera; anche in India circolavano credenze sull’uso dello smeraldo. Qui si credeva che indossare un anello con smeraldo sul dito medio aiutasse a sviluppare la memoria e l’eloquenza. Anche in Occidente era ritenuto un amuleto molto potente e si diceva che aiutasse le partorienti.

 Articolo di Lady Chic