venerdì 9 ottobre 2020

Folklore, magia e tradizione: il bottone sardo

Il bottone sardo è un prezioso gioiello appartenente alla tradizione artigianale isolana realizzato in filigrana, solitamente in oro o argento. Spesso, è indossato nei costumi utilizzati per le festività tipiche della Sardegna, oppure, è incorporato in collane, orecchini e anelli, diventando così una gioiello da portare tutti i giorni.

Non tutti sanno che la forma singolare del bottone rimanda ad un significato preciso: essendo sferica e circolare, talvolta bombata, nel cui centro viene applicato un pallino oppure una pietra colorata, essa richiama il seno femminile, in particolare quello della dea punica della fertilità, Tanit. A questo primo design del gioiello, se ne affiancano altri, diffusi in tutta la Sardegna: da quello formato da calotte sferiche schiacciate, oppure da una calotta sferica e una conica o anche da una piastra circolare, quest’ultimo può essere ottenuto mediante una moneta.


La lavorazione del bottone affronta un iter ben preciso: dalla costruzione separata delle calotte che poi verranno unite utilizzando delle decorazioni in lamina, alle lamine stesse che, una volta subito il processo di imbutitura, potranno essere abbellite con la filigrana, con motivi floreali, geometrici oppure potranno rimanere lisce. La fase finale è quella che vede l’incastonatura della pietra nel castone, non c’è una vera e propria scelta obbligata, di solito le pietre si scelgono in base al loro colore.

Come accennato all’inizio, oggi i bottoni sono parti integranti di orecchini, bracciali e collane utilizzabili anche nei look off-duty, ma la loro applicazione per eccellenza è, senza dubbio, quella destinata al costume sardo, sia in quello femminile che maschile: si usa in coppia per chiudere le camicia nel collo, come spilla nel petto, oppure ancora posti da sette a dodici bottoni nella manica, all’ altezza dei polsi, viene a formarsi “sa buttonera“.
Che si tratti di un orpello da utilizzare per arricchire e personalizzare un abito, oppure come ciondolo per creare dei gioielli singolari, il bottone sardo è uno di quegli accessori irrinunciabili che non può mancare in ciascun guardaroba che si rispetti.




Postato da Lady Chic   






lunedì 6 aprile 2020

Morto Sergio Rossi, maestro delle scarpe femminili

Sergio Rossi si è spento giovedì sera, 2 aprile, non senza lottare, all’età di 84 anni. L’imprenditore sammaurese aveva contratto il coronavirus ed era ricoverato da giorni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Bufalini di Cesena.
Ricordiamo la grandezza della sua creatività: La sua storia è quella di un amore incondizionato per la scarpa, iniziato sulle ceneri di un’Italia consumata dalla Seconda guerra mondiale e appreso da un padre artigiano, che ha sempre realizzato scarpe su misura. Calzolaio provetto già a 14 anni, produceva d’inverno, insieme con il fratello Franco, le calzature che avrebbe poi venduto in estate, al banchetto lungo la Riviera, anticipando la filiera del prêt-à-porter. Il suo talento viene ben presto notato e avvia un cammino di successo da giovane stilista a grande imprenditore. Una carriera straordinaria, che ha innalzato San Mauro Pascoli a capitale mondiale della calzatura femminile di lusso. Instancabile nel ricercare un equilibrio tra confort e design, ha saputo trasformare le scarpe femminili in oggetti di culto che cominciò ad esportare prima degli altri.
Era il 1966 quando firmò il primo sandaletto: rosso, quasi un ricamo sul piede reso stabile dalla suola anatomica e rialzata. Un inno alla femminilità e all’eleganza della Dolce Vita, lo definì, segnando quello che sarebbe diventato il suo stile. «Arruolai i migliori artigiani da tutta Italia per imparare i segreti della comodità, di come la suola deve sempre aderire al piede per non creare scompensi dannosi alla salute», raccontò. «Il nonno è il miglior maestro del mondo», commentava ascoltandolo il nipote Nicola, laureato alla Bocconi ma contagiato dalla passione familiare per le calzature. L’ascesa internazionale di Sergio Rossi è segnata dalle collaborazioni con i grandi talenti della moda, la più sentita, forse per entusiasmo e affinità creativa, fu quella con un giovanissimo Gianni Versace.

il sandalo del 1966
Rossi ha fatto l’imprenditore calzaturiero fino al 1999 quando cedette il 70 per cento dell’azienda al gruppo Gucci e nel 2005 anche il rimanente 30%. Nel dicembre 2015 il marchio Sergio Rossi è tornato italiano, acquistato dal fondo Investindustrial di Andrea Bonomi, che lo ha fatto rinascere proprio attingendo ai modelli straordinari del vasto archivio che l’imprenditore qualche mese fa era tornato a visitare, come ricorda l’amministratore delegato dell’azienda Riccardo Sciutto: «Amava le donne ed era in grado di catturare la loro femminilità in un modo unico, creando l’estensione perfetta della gamba attraverso le scarpe» Sergio Rossi ha dato tutto sé stesso al lavoro, ma anche alla sua comunità, ha ricordato con commozione la sindaca di San Mauro Luciana Garbuglia. 
Scarpe moda 2020: décolleté e stivali di Sergio Rossi | Vogue Italia

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Ai giovani voleva far capire la fortuna che si ha nel poter trasformare la propria arte in un lavoro, creando bellezza con le mani, «meglio che stare davanti a un computer». La famiglia porge, con amore, il suo ultimo saluto: «Con il fuoco inestinguibile della tua passione, ci hai insegnato che non ci sono limiti per chi ama ciò che fa. Addio maestro».

Ricordo postato da LADY CHIC  

venerdì 3 aprile 2020

Anelli di fidanzamento: una storia senza tempo

L’anello di fidanzamento? Da scegliere in base alla forma della mano!



Un simbolo d'amore che attraversa le epoche. Ecco cos'è da sempre l'anello di fidanzamento. Fin da quando siamo venute al mondo abbiamo conosciuto attraverso i racconti degli altri, le rappresentazioni mediatiche e la nostra esperienza tutto il rituale che fluttua attorno all’anello di fidanzamento. Dalla decisione del grande passo da parte del promesso sposo alla scelta del modello con l’aiuto di amiche e parenti della futura sposa, passando per gli stratagemmi per riuscire ad acquistare un anello della dimensione giusta, fino alle romantiche proposte in ginocchio o in mille modi diversi, a seconda della fantasia di chi fa la proposta. Ecco un viaggio nel mondo degli anelli di fidanzamento tra storia, gossip, star e moda.

Antique Engagement Ring - Antique 1920s Art Deco 14k Yellow and White Gold Diamond Engagement Ring
Anello fidanzamento del 1920

L’anello come promessa

Secondo la leggenda la storia del famoso anello ha inizio con gli antichi egizi, che probabilmente regalavano un anello alla donna prescelta per dimostrarle fiducia e la volontà di creare un nucleo familiare. La tradizione però è comprovata storicamente solo in seguito, durante l’epoca degli antichi romani: alla sposa venivano dati due anelli, uno di ferro e uno d’oro, da portare rispettivamente in casa e in pubblico. Sembra che anche la scelta dell’anulare come dito d’elezione possa essere ricondotta a questo periodo storico: è infatti Aulo Gellio con la sua opera Noctes Atticae a diffondere la credenza che l’anulare contenesse la vena amoris, una vena collegata al cuore. Per i Visigoti e i Germani aveva valore di contratto di nozze.



L’introduzione dei diamanti
La tradizione va consolidandosi di pari passo con la storia: già nel Medioevo Papa Niccolò I in una lettera a Boris di Bulgaria raccontava di come le giovani nella chiesa cattolica ricevessero un anello di fidanzamento dal promesso sposo.
È nel 1477 però che i diamanti fanno la prima entrata in scena, quando l’Arciduca Massimiliano d’Asburgo dona alla sposa Maria di Borgogna un anello con diamante. La tradizione si fortifica così diventando una tappa fissa nell’iter del processo matrimoniale: alla fine del 1800 la produzione mondiale di diamanti divenne massificata e anche chi aveva origini più umili poteva permettersi pietre preziose in occasione della proposta.
La tradizione vuole che porti sfortuna comprare nello stesso momento l’anello di fidanzamento e le fedi nuziali. In caso di rottura del fidanzamento, l’etichetta vorrebbe la restituzione reciproca dei doni e delle lettere, ma se è l’uomo a rompere il rapporto, alla donna è concesso di tenere l’anello... anche se per la gran parte dei casi lei non lo farà.
Gli anelli di fidanzamento più classici sono il solitario, la riviera con piccoli brillanti o il “trilogy”, composto da tre diamanti simbolo di "ieri, oggi e domani insieme". Tante sono però le pietre preziose da far incastonare in un anello di fidanzamento, ognuna legata ad un significato differente.


Significato delle pietre preziose
Da sempre è noto che le pietre racchiudono dei messaggi unici e profondi e anche le pietre preziose hanno il loro significato simbolico. Proprio questo simbolismo può guidare il futuro sposo nella scelta della gemma da far incastonare nell'anello di fidanzamento, in modo da trasmettere un particolare messaggio alla sua amata.
  • Diamante: durata, solidità
  • Rubino: amore ardente
  • Zaffiro: fedeltà
  • Smeraldo: speranza
  • Acquamarina: matrimonio duraturo e felice
  • Berillo: forza del legame d’amore
  • Opale: amore sincero.

Pietre e segni zodiacali

Ogni segno zodiacale è associato ad una o più pietre. Quindi, se la fidanzata è attenta all’astrologia, il futuro sposo potrà scegliere l’anello basandosi semplicemente sul segno zodiacale della futura sposa.
  • Ariete: rubino, zaffiro, diamante
  • Toro: smeraldo, quarzo rosa
  • Gemelli: smeraldo, turchese
  • Cancro: perla, tormalina, pietra di luna
  • Leone: diamante, avventurina verde
  • Vergine: zaffiro, diamante, diaspro
  • Bilancia: smeraldo, opale
  • Scorpione: rubino, quarzo fumé
  • Sagittario: lapislazzuli
  • Capricorno: granata, onice, malachite
  • Acquario: diamante, ametista
  • Pesci: acquamarina, ametista
 RUBY AND DIAMOND RING (ANELLO CON RUBINO E DIAMANTI) | Jewels Online2020 | Sotheby's

Postato da Lady Chic @QueenPizzaa

domenica 22 marzo 2020

Quando l’arte incontra la moda articolo di Benedetta Cerri

L’arte e la moda, due mondi che all’apparenza potrebbero sembrare opposti, ma che forse, hanno più di un aspetto in comune. Non a caso, siamo costantemente immersi in un mondo dove gli stilisti si lasciano ispirare dall’arte e al contempo le gallerie aumentano le loro esposizioni dedicate ai grandi nomi della moda. Non solo.
La pittura ha ripercorso e si è evoluta in parallelo con la società e il mondo dell’innovazione. Se ci riflettiamo, la moda non è poi così lontana da tutto ciò.
Pensiamo solo alle ragioni che muovono le grandi case di moda nell’ideazione delle loro collezioni: tutte, in un modo o nell’altro, nascono per aiutare le persone a esprimere se stessi. E’ vero anche, che la moda è per sua natura temporanea e come l’arte, cambia e si adegua al volere sociale. Lo stesso cambiamento radicale, che subì l’abbigliamento femminile quando Coco Chanel e Yves Saint Laurent disegnarono negli anni 50 e 60 i primi pantaloni come simbolo dell’emancipazione delle donne, ne è un chiaro esempio.
Alla fine, anche se nella divisione delle Arti Tradizionali la moda non c’è, gli stilisti sono artisti e quando due artisti si incontrano, danno vita a qualcosa di incredibile…

5 stilisti che si sono ispirati al mondo dell’arte

Schiapparelli e Dalì

Elsa Schiapparelli è una stilista italiana che ha influenzato molto la moda femminile del XX secolo. Ebbe l’opportunità di lavorare con il grande artista Salvador Dalì alla creazione del "vestito aragosta", che rappresenta una delle più recenti collaborazioni avvenute tra uno stilista e un’artista. The famous 'lobster' dress by Elsa Schiaparelli and Salvador Dalí, 1937. The Costume Institute of the Metropolitan Museum of Art, New York.

Yves Saint Laurent e Mondrian

La collezione di Mondrian e Yves Saint Lauren non è stata una vera e propria collaborazione dal momento che lo stilista fu ispirato dal pittore e decise di rendere omaggio all’artista con la collezione Piet Mondrian. YSL, ispirandosi alla composizione a caramelle con le quattro linee gialle (1933) disegnò sei vestiti, contraddistinti da linee nere e blocchi colorati. 
Art & Fashion: Dress from YSL
Questi vestiti diventarono un’ icona dell’alta moda: qualcosa di facile da indossare e senza dubbio originale!

Yves Saint Laurent and Van Gogh

Yves Saint Laurent, non mancò ancora una volta di mostrare la sua passione da collezionista d’arte e nel 1988 presento un’intera linea ispirandosi a due famosi capolavori dell’artista Vincent Van Gogh, "gli Iris" w "i Girasoli". 
YSL fu anche il primo ad introdurre i tessuti “animalier” nelle collezioni e a far sfilare modelle di colore.

Jeff Koons e Louis Vuitton

Considerato erede di Andy Warhol e continuatore della Pop Art, l’artista americano Jeff Koons, famoso per affrontare temi legati al consumismo e al gusto kitsch del popolo americano, fu scelto dalla casa di moda francese Louis Vuitton per una collezione di borse ed accessori.  Così in un attimo, alcune sue copie originali delle opere di Leonardo Da Vinci, Rubens, Tiziano, Fragonard e Vang Gogh sono state riprodotte sulle borse simbolo della maison.
Louis Vuitton Masters Collection By Jeff Koons

Salvatore Ferragamo e la moda sostenibile

“Sustainable thinking”, si chiama così la mostra sulla moda sostenibile ideata da Stefania Ricci, direttrice del Museo e della Fondazione Ferragamo. Un percorso narrativo che alterna composizioni artistiche e installazioni, a scarpe e abiti, con un forte richiamo a materiali di riciclo e tessuti naturali.

Christian Dior 2008 1
Ma citiamo anche la collezione del 2008 di John Galliano, per Dior, che si è ispirato al periodo aureo e liberty della pittura di Gustav Klimt, dove ,oltretutto, è evidente il richiamo all’opera “La Medicina”- anche per quanto riguarda le acconciature -.
Secondo alcuni studiosi d’arte contemporanea un qualsiasi capo di abbigliamento documentato in un dipinto, aiuterebbe a dargli una collocazione temporale. Così come gli storici della moda sostengono che un abito disegnato su una tela dia movimento all’abito stessoSembra proprio che queste due forme d’arte si inseguano a vicenda, in un gioco di colori e simboli senza fine. Se allora è vero che la moda per secoli ha preso ispirazione dai movimenti artistici, allo stesso modo gli artisti si sono serviti dell’abbigliamento come strumento per dare realismo alle loro opere.